The Beatles Now And Then ecco cosa c’è da sapere

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The Beatles Now And Then

La notizia dell’uscita dell’inedito The Beatles Now And Then, in pochi secondi ha fatto il giro del mondo, tutti i magazine hanno versato fiumi di inchiostro (digitale) per raccontare un evento davvero unico.

Anche noi abbiamo deciso di dare in nostro piccolo contributo alla causa Beatlesiana.

La redazione.

Alla fine, contro qualsiasi ragionevole previsione possibile per la nostra effimera condizione umana, abbiamo ricevuto una nuova canzone dei Beatles. L’ultima.

La scelta di presentarla come tale, almeno sotto il profilo strettamente cronologico, è certamente corretta mentre assai più opinabili sono i suoi profili di novità poiché, al netto di ciò che ancora è nascosto negli archivi (qualcuno ha detto Carnival Of Light?), questo è il capitolo finale di un’operazione di assemblaggio che ha avuto inizio 30 anni fa.

Quella che per molti lettori è una bizzarra ed inspiegabile sorpresa, per altri rappresenta invece il (gradito) epilogo di una vicenda (nota) rimasta in sospeso dagli anni ’90.

The Beatles Now And Then cosa c’è da sapere

Di Manuel Nash.

Un po’ di Storia

Il brano The Beatles Now And Then è un brano incompiuto che Lennon, grazie ad un registratore Sony CF-580 (il padre dei boombox degli anni ’80), abbozzò su una banalissima cassetta ma che, in seguito, non decise di utilizzare.

La datazione, tra il ’75 e l’80, lo colloca nel periodo durante il quale John rimase in standby discografico, dedicandosi alla crescita del secondogenito Sean.

Nel 1994, alla vigilia del progetto Anthology, la grezza registrazione, insieme a quelle altrettanto lo-fi di Free As A Bird, Real Love e Grow Old With Me, venne passata da Yoko Ono a Paul McCartney .

L’idea era quello di allegare a ciascuno dei tre volumi previsti un brano inedito, realizzato a partire proprio dalle demo lasciare da Lennon sulla quale sarebbero state sovraincise nuove parti realizzate dai tre membri superstiti.

Agli occhi di un distratto osservatore esterno, l’operazione The Beatles Now And Then potrebbe certamente apparire come un banale intervento di ordinaria routine professionale.

In realtà, la felice intuizione rivelò istantaneamente tutta una serie di inediti ostacoli degni di una vera e propria challenge produttiva, la cui complessità rischiò di non poter essere risolta neppure grazie al ricorso allo stato dell’arte della tecnologia a disposizione dei più costosi studi di registrazione dell’epoca.

I problemi principali riguardarono la necessità di separare il più possibile la voce di Lennon dallo strumento con il quale si accompagnava, avendo poi cura di metterla a tempo con la nuova base senza però dimenticare di mascherare le esitazioni dell’intonazione (Autotune sarebbe arrivato appena 3 anni dopo).

Tuttavia, a complicare il lavoro in studio, fu soprattutto la scarsa qualità delle registrazioni casalinghe, bisognose di una vera e propria opera di bonifica audio in grado di minimizzare non solo il rumore di fondo ma anche (soprattutto su Now And Then) il ronzio causato dall’impianto elettrico dell’appartemento newyorkese di John e Yoko.

Grow Old With Me, benché validissima, fu accantonata per prima in ragione della scarsa aderenza del brano allo spirito del progetto.

Già pubblicata, in forma di demo insieme alla Ono, sull’album postumo Milk & Honey (1984), verrà finalmente registrata da Ringo (con l’aiuto di Paul) soltanto nel 2019 e troverà posto in What’s My Name, ventesimo album di studio del batterista.

Per occuparsi della produzione dei tre brani venne chiamato Jeff Lynne, ex Electric Light Orchestra e già collaboratore sia di Harrison che di Starr.

A lui, guardato con diffidenza dai fan a causa del suo tipico sound, sin troppo riconoscibile e giudicato inadatto ai Beatles, toccò il titanico compito di garantire soprattutto la coerenza e la presentabilità del risultato finale che tuttavia, solo in due casi, grazie al un sapiente e creativo uso di mezzi tutt’altro che fantascientifici, come equalizzatori e filtri, venne raggiunto con piena soddisfazione di tutti i soggetti coinvolti.

Come sappiamo Free As A Bird e Real Love vennero inserite nel primo e nel secondo volume della serie Anthology.

The Beatles Now And Then, previsto come brano d’apertura della terza raccolta, si persero invece le tracce.

George Harrison, dopo aver contribuito con alcune tracce di chitarra, dichiarò di non essere soddisfatto della qualità audio della voce di Lennon ed il brano, incolpevolmente condizionato da insormontabili limiti tecnici, con due voti a favore ed uno contro, rimase vittima del “principio di unanimità” che ha sempre regolato le scelte all’interno della band.

Venne così abbandonato nel giro di pochi giorni ma, nei decenni successivi, Paul McCartney ha spesso parlato della possibilità di completare il lavoro.

La canzone, che in un paio di versioni di Lennon è da tempo facilmente reperibile in rete, diventò istantaneamente oggetto di audaci speculazioni de parte dei fan più devoti.

Photo take from https://www.just-cassette.com/post/sony-cf-580-boombox

Le dichiarazioni di Paul McCartney

Tali fantasie hanno poi preso un’improvvisa consistenza lo scorso giugno quando McCartney, durante un’intervista, ha accennato ad un brano “perduto” dei Beatles ormai prossimo ad essere completato, grazie alla tecnologia AI sviluppata dal regista Peter Jackson in occasione del progetto Get Back.

Le indicazioni non lasciavano ombra di dubbio sull’identità della canzone, ma l’attenzione stava per essere forzatamente deviata verso un aspetto mediaticamente assai più remunerativo.

Le inequivocabili parole di Paul

“We were able to take John’s voice and get it pure through this AI…then we can mix the record, as you would normally do. It gives you some sort of leeway”

sono così diventate il pretesto per appagare i deprecabili istinti di quella fetta di stampa generalista irrimediabilmente affetta da una forma di dipendenza terminale da clickbait.

La notizia, che avrebbe dovuto spiegare ed approfondire la tecnologia AI di demixing (vedi Revolver remix 2022), in grado di individuare e separare ogni singolo suono presente in una registrazione, ha preso così una più subdola direzione sposando una spicciola ricostruzione che, cavalcando l’onda dei timori legati allo sviluppo delle intelligenze artificiali, ha preferito straparlare di una voce di Lennon completamente ricreata al computer.

Del resto, negli ultimi mesi, su YouTube e Spotify, molti grandi artisti hanno assistito, impotenti, al selvaggio proliferare di presunti inediti che altro non sono se non dei credibili fake tecnologici.

Basti pensare al recente caso AISIS, band fantasma che, grazie all’utilizzo delle tecniche di machine learning, ha usato i timbri di Noel e Liam degli Oasis per “vestire” l’interpretazione di un altro cantante.

Tutti ghiotti dettagli al servizio di chi vive in perenne agguato, attendendo la tempesta perfetta.

Now and Then ha senso?

La Apple (ovviamente la casa discografica non la multinazionale di Cupertino), grazie ad un marketing, come al solito, impeccabile, ha efficacemente posto rimedio ad una “bugia violenta” che avrebbe rischiato di compromettere la già discutibile liceità deontologica del progetto.

Perché, guardiamolo bene negli occhi questo gigantesco elefante nella stanza, il problema dell’operazione (tanto oggi quanto nel 1994) sta nella difficoltà a trovare una giustificazione per l’utilizzo di materiale incompiuto (di John come autore e di George come musicista) che ora è stato completato senza l’avallo dei diretti interessati.

Un legittimo scrupolo, ma ha davvero senso?

Sotto il profilo strettamente giuridico gli eredi hanno tutto il diritto di disporre della legacy intellettuale del de cuius nei modi che ritengono più opportuni. Probabilmente anche noi, al posto loro, compieremmo scelte analoghe senza indugiare sull’uscio degli scrupoli etici. Per quanto ne sappiamo, i Lennon e gli Harrison, potrebbero verosimilmente essere tanto gli avidi sfruttatori di uno sterminato catalogo, quanto gli attenti e scrupolosi custodi di un incredibile lascito artistico.

Di certo Yoko, Sean, Olivia e Dhani sono in grado di interpretare molto meglio di noi il contenuto delle volontà di John e George.

Personalmente fatico poi ad immaginare la disapprovazione di Harrison il quale, certamente, aveva dimestichezza con i Terma tibetani (parola che, letteralmente, significa “tesoro nascosto” ed indica testi di insegnamenti o manufatti o oggetti rituali lasciati nascosti, allo scopo di essere ritrovati, in epoca successiva, e finalmente divulgati per il bene degli esseri viventi) e che, proprio per tale motivo, da una dimensione superiore, non potrà che guardare con grato compiacimento a questa “chiusura del cerchio” compiuta dai suoi compagni.

Credo anche che la spiritualità working class di John Lennon, ricca tanto di ingenua sincerità, quanto di empatico pragmatismo, abbia davvero ben poco da obbiettare.

Ma non ho certo voglia di esibirmi, anche io, nel triste vaudeville degli haters diplomati al Conservatorio Della Vita.

Di certo scandagliare i risvolti meramente civilistici della questione non ha alcun senso.

Indagare (con morbosa invadenza) aspetti afferenti l’altrui affettività è invece indice di quella irriverente tipologia di presunzione capace solo di regalare l’illusione di poter autorevolmente commentare e giudicare questione a noi estranee. In realtà possiamo solo limitarci a ricevere il materiale che oggi ci viene offerto e tentarne un’analisi secondo le stesse modalità con le quali si studia un reperto proveniente da un’epoca lontana.

Nel fare ciò è bene aver poi chiara la differenza che intercorre tra il ritrovamento di un Bronzo di Riace, rimasto miracolosamente integro nonostante i segni dei secoli, e quello di un’anfora, rotta ed incompleta, che necessita, per poter essere ricostruita, di un attento lavoro da parte degli archeologi .

Ecco, Paul e Ringo sono gli archeologi più titolati per questa ricerca.

La natura, palesemente artefatta, del brano è strumentale ad una narrazione che indaga, per l’ultima volta e, finalmente, con la dovuta accuratezza tecnologica, i confini estremi di uno dei più grandi “What If” della musica del ‘900. La sua pura e semplice esistenza offrirà interessanti spunti di analisi a chiunque, in futuro, studierà e ricostruirà la storia della band e della cultura popolare a cavallo di due secoli. Per quanto riguarda invece noi, spettatori del circo degli eventi di un presente affetto da tuttologismo di non ritorno, resta una curiosità, sincera, di genere meno accademico e schiettamente sentimentale che non deve però crogiolarsi in romantiche illusioni anacronistiche.

Il brano The Beatles Now And Then, ha un “interesse storico” infinitamente superiore al suo (modesto) “valore artistico”.

The Beatles Now and Then, il documentario

Per questo motivo addentrarsi nella sua analisi è un’esperienza affascinante che ci permette di sbirciare dall’altro capo di un impossibile wormhole affacciato su un universo parallelo verosimilmente attiguo a quello abitato dai personaggi di Yesterday, il toccante film di Danny Boyle che impeccabilmente omaggia i quattro di Liverpool.

Tutti coloro che hanno dimestichezza con le versioni “amatoriali” del brano, presenti, da anni, in rete e pubblicate da musicisti in cerca di spicciola visibilità, avranno certamente notato come l’arrangiamento ufficiale della strofa sia in realtà assai aderente a quello tentato dalla maggior parte dei fan.

Ciò non deve affatto sorprendere e non si tratta di una scelta poco audace o, peggio, di sciatto “plagiarismo” cheap.

In realtà è proprio la struttura del pezzo a “invocare” una soluzione che, coniugando furbo mestiere e buonsenso, si concentra lucidamente sugli elementi base del brano (piano e voce con la chitarra a guidare verso l’attacco della sezione ritmica) che vengono così introdotti con la dovuta efficacia.

Analisi di un sogno

Tale scelta è poi dettata anche dalla necessità di mostrare immediatamente all’ascoltatore l’accuratezza del lavoro di “restauro” compiuto sulla voce di Lennon che arriva in faccia con lo schiocco di uno schiaffo delicato come una carezza.

E’ il ritornello a svelarci invece che la versione dei Beatles è stata realizzata a partire da una demo più lunga (e meno diffusa) della canzone di Lennon, nella quale è presente un’interessante intreccio di testo e linea melodica che controbilancia alla perfezione la tensione creata dalla strofa.

La parte che, originariamente, collegava le due porzioni principali del brano è stata invece completamente tagliata.

In vero, lasciandola al proprio posto, si sarebbe perpetrata quella discontinuità nel crescendo melodico che rappresentava il principale difetto nell’abbozzo di Lennon.

Una genetica propensione alla funzione di passaggio, tipica del bridge, che ne avrebbe tuttavia permesso l’impiego in un altro momento del brano, magari nel finale.

Durante il mini documentario dedicato alla produzione del brano, pubblicato il primo novembre, siamo stati introdotti all’arrangiamento orchestrale con il quale Giles Martin (che ha rivestito anche il ruolo di produttore) ha omaggiato, in modo efficace e ben più che meramente credibile, il lavoro del padre, George, insostituibile quinto Beatle il cui contributo non sarà mai celebrato abbastanza.

E’ un vero peccato che il mix, già avaro col basso di McCartney, non metta in risalto tutti i dettagli dell’ottima orchestrazione ma è probabile che proprio Paul, da sempre infastidito (è un eufemismo) dalla produzione dell’album Let It Be, abbia voluto evitare di inciampare, involontariamente, nella barocca leziosità del Wall Of Sound di Phil Spector.

Certamente si è scelto di mantenere il focus emotivo sulla voce di John, ma il risultato finale, che include generose porzioni strumentali (inevitabili visto l’esiguo materiale di partenza), lascia la sensazione di un missaggio inspiegabilmente confuso, quasi frettoloso, penalizzato da singolari scelte relative allo spazio concesso a ciascuna traccia, inclusa quella dedicata all’inconfondibile tamburello di Starr evidenziato in modo, forse, eccessivamente generoso.

Dal momento che sia Paul che Ringo hanno deciso di incidere ex novo i rispettivi contributi (scartando quindi le loro registrazioni provenienti dalle session del ’94), è evidente che (lo dico a beneficio dei fan più insaziabili), da qualche parte, esiste un mix o una demo che utilizza le parti originali.

Sono state invece coerentemente tenute, come ho accennato in precedenza, tutte le chitarra incise nel ’94 da Harrison alle quali McCartney (che, oltre al basso, suona anche piano ed harpsichord) ha aggiunto un solo di lap steel guitar nel tipico stile del chitarrista.

Una lodevole ed opportuna iniziativa che, tuttavia, suscita un plauso più per le intenzioni che per l’onesto risultato.

Il coinvolgimento di uno dei tanti amici chitarristi di George avrebbe forse garantito un risultato più “efficiente” ma è perfettamente comprensibile il desiderio di non “allargare” il progetto a contributi esterni che ne avrebbero alterato il connotato di passion project.

Utilizzando le stesse tecniche impiegate nei mash-up di Love, il brano si avvale anche di parti vocali, estratte e poi ricontestualizzate, provenienti da Here There And Everywhere, Because ed Eleanor Rigby.

Conclusioni

The Beatles Now And Then riesce a disegnare ogni millimetro delle emozioni che ha lungamente promesso, ma si rivela anche come la meno riuscita delle tre canzoni perdute di Lennon.

E’ inevitabile che qualcuno utilizzerà i suoi 4 minuti e 8 secondi per ripetere che “una volta, qui, era tutta campagna”.

Del resto ciascuno è libero di scegliere le proprie illusioni.

Il brano The Beatles Now And Then ci appare invece nella sua natura magnificamente imperfetta e somiglia a quei regali lungamente attesi che, una volta scartati sotto l’albero, non sono poi come li avevamo immaginati ma, nello scontro eterno tra realtà ed immaginazione, sono comunque proprio quello che avevamo desiderato.

Secondo un’angolazione diametralmente opposta rispetto a quella scelta da Roger Waters nella recente operazione Redux, McCartney e Starr, grazie anche al privilegio della tecnologia, non riscrivono la storia di ieri ma immaginano un altro oggi, creano una bolla fuori dal tempo e dallo spazio nella quale innalzano una cattedrale di eterno rispetto e affetto in onore di Lennon e Harrison. Come tutte le bolle di sapone, soffiate con sincera ingenuità, volerà via e scoppierà sulla lunga e ventosa strada (incompiuta) che porta ad uno sconosciuto ed irraggiungibile altrove. Ma per il breve sorriso regalato dalla sua effimera esistenza è giusto ringraziare l’universo. 7/10

Manuel Nash.

Ascolta Now And Then in alta qualità 24 Bit 96 Khz

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