La noiosissima cerimonia degli Oscar, quest’anno condotta da Steve Martin e Alec Baldwin con un piglio molto poco divertito (cosa strana visti i trascorsi dei due),
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Di Gabriele “Vasquez” Niola
ha decretato la sconfitta agli Academy del film dell’anno.
Avatar infatti, sebbene abbia già fatto la storia del cinema, è uscito a bocca asciutta dalla notte degli Oscar; non solo non ha preso nulla nelle categorie principali in cui era nominato ma anche poco nelle categorie più tecniche (montaggio, effetti sonori e sceneggiatura originali li ha conquistati The Hurt Locker mentre ad Avatar sono andati ovviamente i migliori effetti speciali e poi anche miglior fotografia). A dire il vero però era stato proprio James Cameron il più fervente sostenitore dell’ex moglie Kathryn Bigelow nei giorni che hanno preceduto la manifestazione. Per quanto possa sembrare strano infatti l’Oscar come miglior regia vinto da Kathryn Bigelow per The Hurt Locker è quasi più rivoluzionario di quello che banalmente si poteva dare ad Avatar. Sebbene infatti la bomba in 3D di Cameron sia destinata ad influenzare tutto il cinema commerciale dei prossimi anni e ha di fatto cambiato il lavoro del regista (mentre The Hurt Locker è un ottimo film di guerra, per un pubblico più di nicchia, dotato di uno sguardo decisamente meno commerciale e più autoriale), lo stesso il premio ad una regista donna (e che regista, già aveva dimostrato di saper fare cose complesse ed eccezionali con Strange Days e soprattutto Point Break) fa storia. Si potrebbe sempre argomentare che ha vinto la più maschile delle registe donne. Però tant’è.
A completare la serata degli omaggi dovuti hanno preso un premio anche Jeff Bridges e Sandra Bullock. Il primo è l’unico dei grandi attori della Hollywood anni ’70 a non aver mai sollevato una statuetta (nonostante 5 nomination accumulate negli anni) e sapevano tutti che quest’anno non ci sarebbe stata storia, non a caso ha girato Crazy Heart con uno scopo preciso: vincere, e così è stato. Il film che è ora al cinema, in cui interpreta uno sventrato cantante country che cerca di tornare ad una vita normale, è infatti fatto a forma di Oscar e, sebbene Bridges sia magistrale, quella statuetta sappiamo che Bridges l’ha con performance passate ben più iconiche come quella in Il grande Lebowski.
Di segno opposto invece la vittoria come miglior attrice di Sandra Bullock, altrove superflua e inutile mentre pare essere determinante in The Blind Side, film sul football americano che, dato l’argomento, non è chiaro se vedremo mai in Italia. Da noi poco stimata ma foriera di grandissimi successi commerciali in patria Sandra Bullock sembrava confinata nelle smielate commedie sentimentali mentre questo ruolo per il quale si è tinta i capelli di biondo (cosa che le dona ben poco) sembra avergli aperto le porte del cinema più alto.
Scontatissima anche la vittoria di Christoph Waltz, il tenente Hans Landa di Bastardi Senza Gloria, gelido, spietato, umorale ma anche incredibilmente affascinante come solo i migliori nazisti sanno essere. Nell’ultimo anno ha monopolizzato quasi tutte le premiazioni e nelle categorie “non protagonisti” non ce n’è stata per nessuno, Waltz ha spazzolato tutto a partire dal premio a Cannes. E di certo lo meritava, lui che ha lavorato decenni nel teatro franco-austriaco senza la fama che la sua immane statura merita. Da vedere cosa gli verrà proposto ora.
Purtroppo il bel film di Tarantino non ha raccimolato altro nonostante le molte nomination. Quanto ancora prima che anche Tarantino (come Scorsese) cominci la sua parabola discendente e conquisti il premio che merita da anni con un film meno brillante del suo solito?
Ha suscitato interesse anche Precious, capace di prendere molte nomination e portare a casa due premi (miglior attrice non protagonista e miglior sceneggiatura non originale), soprattutto per il fatto che da noi non si è visto. Si tratta di un film a basso budget, intimista e dalle caratteristiche indipendenti, una di quelle pellicole che in passato mai sarebbero approdate agli Oscar e che invece, a partire dal successo al Sundance Film Festival, ha conquistato anche il grande pubblico, l’uscita italiana è prevista tra pochi mesi.
Solite statuette da cartone animato per Up, il capolavoro annuale della Pixar, ovvero miglior film d’animazione e miglior colonna sonora (il sempre più prepotente Michael Giacchino). Ma la notizia è che quest’anno il film d’animazione in CGI era candidato anche alla miglior sceneggiatura originale, al miglior film e al miglior montaggio sonoro. Tre Oscar che avrebbe meritato anche se solo il primo e l’ultimo erano effettivamente alla sua portata. La grande rivoluzione di un film d’animazione che prende i premi principali è solo rimandata, per quest’anno ci si accontenta della prima donna regista premiata.