Se stai male all’ospedale devi andare, ma spesso è meglio non andare.

All’ospedale ci si va solo per due motivi, uno se stai male, due se hai una persona cara che sta male, nessuno ci vorrebbe mai entrare parliamoci chiaro perché è un posto di dolore e tristezza.

Qualche giorno or sono mi è capitato di accompagnare una persona cara al pronto soccorso per un sospetto ictus.

Quando accompagni una persona al pronto soccorso ti fanno entrare con la macchina che però devi immediatamente spostare per far posto alle ambulanze.

Come arrivi ti chiedono cosa hai, che hai fatto come ti senti, insomma un primo sommario controllo audiovisivo, dopo di che se non stai per morire, se non hai braccia staccate dal corpo, ferite d’arma da fuoco, o se non hai ferite da cui escono budella cervello ecc.. non ti si inculano più e ti fanno accomodare in una stanzetta dove ci sono altri sfigati come te, chi sulla sedia chi sulla barella.

Dopo un po arriva una infermiera che sta a tremila poveretta che misura la pressione in 2 secondi netti e se ne va, dopo un altra mezz’ora arriva la stessa infermiera che prima stava a tremila, adesso sta a seimila perché è entrato un altro codice rosso, fa un prelievo di sangue e se ne va, se provi a chiedere quando potrà essere visitato, ti guarda con gli occhi appallati e spara: signore abbiamo due codici rossi lei è solo giallo, deve aspettare come aspettano le altre persone che stanno qui.

Alzo gli occhi e vedo un cartello con una specie di classifica dei colori: bianco, verde, giallo e rosso, i rossi sono quelli che stanno per morire, i gialli sono quelli che non stanno per morire immediatamente, i verdi stanno male, i bianchi stanno benone.

Col passare delle ore inizio ad ambientarmi in quella stanza piena di gente.

Chi si lamenta, chi urla, chi sbraita, chi bestemmia in tutte le lingue, si perché c’erano persone di diverse nazionalità, ho contato due donne di origine africana, un rumeno con un braccio rotto, un americano che lamentava forti dolori all’addome, e due persone su dei lettini che si lamentavano in una lingua a me sconosciuta, e poi c’erano altre persone italiane che anche loro si lamentavano.

Dopo un paio d’ore ci chiamano (se avesse avuto un vero ictus credo sarebbe morto) fanno entrare la persona nella stanzetta dell’accettazione per verificare il tipo di terapia da somministrare, esce dopo pochi minuti e chiedo la diagnosi del paziente, non lo sanno gli devono fare la tac e altri prelievi di sangue, bene, allora chiedo quando sarà possibile fare tali accertamenti, mi dicono di aspettare.

Siamo entrati alle 14.00 e sono passate circa due ore, riporto la persona nella stanzetta e aspettiamo.

Dopo circa altre due ore veniamo chiamati a fare la visita vera e propria con prelievo di sangue, chiedo quale sia la diagnosi, mi dicono che devo aspettare, quindi ci mandano in un altra stanza che non è una stanza ma è una gigantesca sala d’aspetto piena di gente, ci mettiamo seduti ed aspettiamo.

Dopo altre tre ore ci chiamano per fare la tac, bene…corridoi, ascensori, altri corridoi, cantine, sottoscala e finalmente arriviamo nella sala della tac, fanno la tac e ci rimandano nella sala d’aspetto e dopo un oretta ci richiamano per un altra visita questa volta nella stanza del pronto soccorso dove si trovano i degenti che stanno male di brutto.

Mi dicono che devono trattenerlo per precauzione, un po preoccupato chiedo il tipo di malattia che avrebbe colpito la persona, non lo sanno, devono trattenerlo la notte per accertamenti precauzionali, a quel punto chiedo dove posso sistemare il malato visto che non ci sono ne letti ne brandine disponibili, (tengo a precisare che letti e brandine sono posizionate addirittura nei corridoi dove passano porci e cani), mi dicono che mi devo trovare una sedia e mettere la persona sulla sedia, chiedo se è una sistemazione momentanea e mi dicono che no, dovrà dormire sulla sedia per tutta la notte perché non ci sono posti, gli faccio notare che è una persona di oltre ottanta anni e farla stare su una sedia per tutta la notte non è una buona idea, mi dicono che purtroppo non hanno posti, ma se voglio me lo posso portare a casa.

Vista la situazione in cui mi trovavo, e visto che non sapevo di cosa fosse malato, decido di lasciarlo li in quella stanzetta assieme ad altre 7/8 persone, con la speranza di ritrovarlo sano e salvo il giorno seguente.

Gli do da mangiare quello che una infermiera gentilissima mi aveva rimediato, e me ne vado, è quasi mezzanotte, sono entrato alle 14.00 circa, me ne vado dopo dieci ore, sono stato fortunatissimo perché era un codice giallo, se fosse stato verde o peggio ancora bianco starei ancora in sala d’aspetto.

Tutto questo è accaduto a Roma, una delle città più importanti e belle del mondo, non in un territorio dilaniato dalla guerra, ma in Italia.

So che questa via crucis è stata percorsa da molti di voi, non mi lamento e non voglio fare la vittima perché so che quello che ho vissuto io è la norma, dico solo che un paese civile deve, e ripeto DEVE per prima cosa tutelare le persone malate, quelle anziane e i bambini, qualunque altra cosa viene dopo, e che siamo maledetti tutti quei politici che non ottemperano a questo dogma, non avranno mai il mio voto, ma solo il mio odio.

Il giorno successivo me lo sono portato via.

Una doverosa precisazione: se non ci fossero le infermiere (peraltro tutte molto giovani), la sanità italiana andrebbe in pezzi, si spezzano la schiena e si fanno in quattro per quattro soldi, sono gentilissime nonostante lavorino in situazioni inaccettabili, andrebbero tutelate come i panda, io ho visto questo.

prince faster

10 COMMENTI

  1. E purtroppo andrà sempre peggio. Gli ospedali pubblici sono vittime di tagli costanti da molto tempo, e strutture importanti come il Forlanini, per citarne uno, sono sulla via della chiusura ormai da almeno tre anni.
    Tagliano fondi, licenziano i dipendenti e tolgono posti letto in un odioso e disgustoso tentativo di costringere le persone a rivolgersi ai privati.
    Ciò che mi mette più angoscia e tristezza non sono tanto queste schifose manovre dei nostri politicanti corrotti, quanto l’apatia e la rassegnazione di noi cittadini che guardiamo inermi la nostra Sanità pubblica crollare pezzo dopo pezzo.

    Auguri di pronta guarigione alla tua persona cara.

  2. caro Prince,purtroppo ci sono passato personalmente anche io pochi giorni fa…purtroppo si vedono cosa in un pronto soccorso che rimangono impresse per sempre.un saluto

  3. Storia che conosco molto bene, purtroppo.
    Ci sono molti bravissimi medici, ma ostacolati da un sistema che li rende cinici per sopravvivenza. E in tutto ciò tagliano fondi agli ospedali pubblici e li danno alle suorine, brave pure loro per carità, ma con una bravura curiosamente meglio attrezzata e retribuita.

  4. Anche io condivido tutto quello che hai scritto Prince.
    Finchè non si capirà che SIAMO IN ALLARME ROSSO, continueremo a sonnecchiare sulla poltrona di casa comodamente e traqnuillamente senza che nessuno faccia nulla.

  5. Roma, Dicembre 2011 (più o meno), ospedale “di riferimento” zona sud/ovest della città. Alle 20 circa accompagno mio padre, 73 anni, presso tale Struttura, in quanto lamenta fortissimi dolori all’addome/pancia probabilmente derivanti dall’assunzione di molteplici (a decine) legumi in romanesco chiamasi fusaje. Questo è il lato apparentemente comico della questione, che sarebbe potuta trasformarsi in dramma vero. Alle 22 circa entriamo nel pronto soccorso del nosocomio, ed immediatamente noto diverse cose: 1) l’accettazione è gestita da una specie di agente gestapo in gonnella, che arbitrariamente decide chi sta realmente male e chi no, affibiando dunque lei stessa le stimmate da codice colorato ad agnuno degli sciagurati. 2) Davanti l’accettazione è sita la sala attesa completamente priva di riscaldamento (ripeto, inverno pieno), dove pazienti repsunti e non, accompagnatori compresi, bivaccano imprecando ogni Santo del calendario, compresi gli sfigati non titolari neanche di un giorno nel quale venir riconosciuti/festeggiati. 3) Un signore che, pigiamato da casa evidentemente, si batte con fare ritmico il petto. Lasciamo il poveretto un momento indietro e passiamo al genitore. Alle 24,30 circa, con papà in stato quasi di incoscienza tanto è il dolore, si aprono magicamente le porte degli ambulatori e pre-ambu. E si perchè quando sei “accettato”, mica passi subito visita, ma vieni anche qui scaraventato in un girone dantesco dove si ri-ncontrano i profanatori orali di religiosi, chi in loculo/stanza, chi in corridoio, tutti pendenti da labbra di operatori che a volte son disponibili ed altre ti sparerebbero volentieri un’ago in vena solo per non sentirti, come se fossi un “fastidio”. Alle 03,00 prelevano il sangue al genitore e dopo un’attesa di altre 3, dopo finalmente una semplice visita che accerta ciò che al telefono il ns. medico curante aveva sospettato 8 ore prima, il genitore viene ricoverato d’urgenza per presunta occlusione intestinale. Questo avveniva alle 06,00 del giorno dopo. La questione non era da sottovalutare, tanto che, senza esser da bisturi perforato, mio padre è rimasto ricoverato 7 gg., e dileggiato, con merito suo direi, come “er fusaja” da dottori, primario ed infermieri. Tutto si è risolto per il meglio alla fine. Ma avevo lasciato indietro quel signore che si tamburellava il petto…e si perchè io ho vissuto quest’odissea che poteve risolversi in mezz’ora (premetto che la serata era tranquilla per arrivi in pronto soccorso, almeno io l’ho valutata così) tutta in sala d’attesa, con capolino ogni tanto negli ambulatori e quindi sono stato spettatore diretto di quanto avvenuto al poveretto fin dall’inizio…arriviamo praticamente insieme e lui lamenta questi dolori al centro del petto; La militara nazista che “gestiva” l’accettazione lo appella subito di teatralità e (più o meno) testuale: “lei non ha niente, il cuore mica fà male, stà facendo solo scena, lasci spazio a chi ha problemi veramente”. Il poveretto che era credo con la figlia ed un ragazzo che sembrava non sopportarlo, effettivamente era molto scenografico nel suo dolore, ha passeggiato freneticamente per ore nella sala attesa, si lamentava ad alta voce, chiedeva aiuto, ma cos’altro poteva fare? nessuno se lo filava, anzi a random la cerbera lo rimproverava. Morale, alle 06,00 circa, mentre completavo le pratiche di ricovero del fusaja ho sentito voci alterate gridare: “attacco cardiaco in corso, trasferimento immediato”…era lui. Bastava controllarlo 8 ore prima. Spero stia bene. Un saluto a tutti.

    • credo che se intervistassimo 1000 persone di storie come le tue e le mie ne troveremmo 1200. una vera vergogna!!!!

  6. hai perfettamente ragione, poi c’è da dire che in queste strutture pubbliche (!?!?!) c’è una reticenza a fornire info, dati, cognomi quando richiesti…

  7. Wow!!! letto solo ora…. per fortuna che qualcuno ogni tanto si accorge della ns importanza…e comunque se può rallegrarti quell’ uomo avrebbe fatto la stessa trafila e avrebbe atteso le stesse ore anche a Brindisi, ridente cittadina del sud con un bacino di utenza inferiore di tanto rispetto a Roma. Gente che arriva in neurologia alle 22 e che si lamenta di essere in ospedale dalla mattina….

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