Kastle il più piccolo synth al mondo videorecensione

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Videorecensione

Negli ultimi anni grazie all’introduzione del sistema “eurorack”, ideato da Doepfer, ovvero un nuovo standard di dimensionamento, alimentazione e interfacciamento per realizzare synth modulari, questo genere di strumenti, ai suoi tempi accantonati per la complessità di gestione e per l’ingombro, sono tornati al centro dell’attenzione dei musicisti elettronici.
Le origini sono da far risalire ai pionieri della musica elettronica, dopo la prima fase in cui vari apparati diversi venivano connessi fra di loro per creare innovazioni sonore nei laboratori di ricerca, negli anni 60, Robert Moog e Don Buchla definirono degli standard di costruzione degli oggetti tecnologici che fossero in grado di produrre o modificare il suono elettronico, realizzando delle schede e degli armadi atti ad ospitarle che opportunamente connesse fra di loro producevano suoni pilotabili da un musicista con relativa facilità.

I synth modulari erano quindi degli armadi, di varie dimensioni, in cui venivano inserite delle schede in grado di generare e modellare il suono, le schede erano collegate fra di loro attraverso dei cavi e in cima alla catena si apponeva una tastiera temperata che attraverso un sistema di correnti (Control Voltage) permetteva ad un tastierista di suonare come su un organo o un pianoforte emettendo però dei suoni radicalmente nuovi. Molti ricorderanno gli armadioni utilizzati da Keith Emerson o dai Tangerine Dream pieni di led e cavetti nelle foto degli anni 70.
Fu la stessa Moog, negli anni 70,  a semplificare lo strumento, individuando le schede più usate e i collegamenti ricorrenti e inscatolandoli dentro una sola tastiera: Il Minimoog.
I synth modulari vennero abbandonati gradualmente e il digitale permise la realizzazione di sintetizzatori sempre più potenti e plasmati sulle esigenze della popular music.
Il grande ritorno dei suoni elettronici nella musica dance e pop a partire dagli anni 90  ha indotto molti artisti e DJ a recuperare sintetizzatori d’epoca con caratteristiche di modularità, anche solo parziali (Vedasi il mitico Korg MS 20) in quanto in grado di fornire estrema elasticità di programmazione e varietà di produzione sonora.
Lo sviluppo dello standard “eurorack” permise anche di ricominciare a produrre nuovi sintetizzatori modulari ma di dimensioni ridotte e grazie all’innovazione tecnologica di potenza sempre maggiore e in grado di essere assemblati dagli artisti a proprio piacimento.

In questo quadro la Bastl Instruments si propone come casa produttrice di schede eurorack e di generatori di suono, KASTLE rappresenta la sua ultima proposta, un sintetizzatore modulare praticamente tascabile, di dimensioni ridottissime.

Sul suo frontale sono posti i controlli dei suoi vari moduli e gli alloggi per i connettori, reinventati di dimensioni minimali, poco maggiori di uno spillo, una logica dimensionale vicina alle piedinature dei componenti elettronici. Lo strumento è alimentato a batterie e possiede accanto all’uscita mini-jack audio anche un analogo connettore ideato per sincronizzare il KASTLE con altri sintetizzatori dotati di sync analogico. Il suono è aggressivo ed acido e costituisce un interessante device sia per coloro che intendano dotarsi un maneggevole generatore di suoni, magari affiancato a vari strumenti di dimensioni similari che oggi dilagano sul mercato, che per chi intenda avvicinarsi alla sintesi modulare per la prima volta.
Il KASTLE è realizzato a mano e una volta effettuato l’ordine è necessario dotarsi di pazienza per attendere che venga effettivamente costruito, ma a fronte di un prezzo cosi ridotto è un oggetto davvero stimolante.

Prezzo

80 € circa

Alex Marenga

http://www.bastl-instruments.com/