Depeche Mode Delta Machine recensione

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Delta Machine

Non ho mai seguito con costanza i Depeche Mode, all’epoca le band new wave che preferivo erano Joy Division, Siouxsie and the Banshees, gli Ultravox, i Soft Cell ecc..peraltro mi incuriosisce il fatto che dal 1993 facciano un disco ogni quattro anni, precisi come un orologio svizzero (fossero così anche i Tool..)

I Depeche Mode li ho scoperti nel 1982 un paio di anni dopo il loro esordio, nella Londra dell’epoca impazzavano canzoni come “N0 Disco” e “Just Can’t Get Enough” però quella che proprio mi folgorò sulla via di Damasco fu “Photographic” era l’inverno dell’ottantadue quando vidi i giovanissimi virgulti suonare, se la memoria non mi falla all’ Hammersmith, confesso che il ricordo di quel concerto è piuttosto sbiadito forse perchè non mi fecero una grande impressione o forse perchè non ero molto lucido, ricordo però che suonavano ad un volume mostruoso e questo mi piacque molto, ricordo inoltre che c’erano dei bassi spaventosi, me lo ricordo perchè una cosa del genere non l’avevo mai sentita, una specie di cazzotto sul petto continuo, poi, anni dopo scoprii che quello era forse uno dei primi concerti dove si usavano “casse” che oggi chiamiamo comunemente subwoofer.

Detto ciò veniamo ai giorni nostri e sopratutto a “Delta Machine”, di solito quando si scrive di band molto famose e o comunque che hanno fatto diversi dischi si fanno sempre accostamenti ad album precedenti, in questo caso vi evito banali metafore stilistiche perchè invero ogni disco nuovo, è nuovo punto.

Delta Machine – recensione

Welcome to my world: un sinth gonfio, ritmiche scarne su una struttura di base troppo essenziale per una voce troppo presente, il tutto migliora con l’ingresso dei cori e grande sfarzo di tappetoni di tastiere, il tutto diviene un togli strumento metti strumento, ma il brano non esplode mai e tutta la magia il pathos lo si perde già a metà brano.

Angel: batteria elettronica “pitchata” e anche qui la voce è troppo presente anche se arrivano dei buoni sinth a salvare la frittata, buono il break che sorprende e rassicura…

Heaven: è il singolo che tutti conoscete, bello appassionante e anche qui minimal dove Dave gigionegga e si bea della sua splendida voce

Secret to the end: carini i gadget sonori, mediocri i colori delle tastiere che risalgono probabilmente ai tempi di “speak e spell”, brano banalotto e senza nessuna pretesa, forse il meno riuscito, anche se si sale di un ottava la mossa non è per niente sorprendente.

My little universe: anche in questo brano Dave viene lasciato solo assieme ad un paio di gadget sonori ed una sparuta tastierina poco plausibile, il brano non decolla nonostante l’arrivo di sequencer, sinth e suoni di plug in

Slow: Un gosperl, o meglio, un incedere gospel, una base che ricorda un blues!?!? no, è proprio un gospel, cosa rara per i D.M. il brano merita più di un suggestivo applauso perchè riesce finalmente ad essere vibrante  ed ardente.

Broken: toh i vecchi D.M. si fanno risentire, ma solo a tratti

The child inside: bella al punto che ricorda le ambientazioni visionarie di Marc Almond e David Ball, sognante, utopica, estraniante.

Soft touch raw new: danzerecci alla vecchia maniera, ma nonostante un gran darsi da fare il brano non si avvicina nemmeno lontanamente ai grandi classici della band.

Should be Higher: orecchiabile, è forse l’unica che si apre e si chiude come le sane buone canzoni di una volta dove l’apparenza conta pià del contenuto.

Alone: Efficace imperiosa trama asciutta e sinceramente coinvolgente, qui si affaccia tutta la grinta del trio, la buona fantasia nella scelta dei suoni e degli arrangiamenti che sono oltremodo dignitosi e carichi si suspance

Soothe my soul: ma il soul non c’è credetemi, c’è una ritmica alla “And One” una di quelle canzoni che si ballano volentieri e senza spellarsi troppo le mani con un applauso per la buona volontà,. Conoscendo i loro set, sono sicuro che dal vivo farà la sua splendida figura.

Goodbye: Quiz, l’intro, quale canzone dei D.M vi ricorda!??! e finalmente la zampata della tigre, il brano che ti fa piacere ascoltare perchè i D.M. in fin dei conti sono così da sempre , sempre che ti vadano bene, il brano che chiude l’album e il brano più bello, magico, carico di angoscia e ricco di quel feeling che si ritrova, ma solo spezzettato durante tutto il disco, a frammenti al punto che te lo devi cercare con molta pazienza.

Confesso che per la prima volta in alcuni brani trovo Dave fuori luogo, come un vestito di due misure più stretto…sarà l’effetto Soulsavers?

Uno splendido live con i Soulsavers ..in bianco e nero.

Depeche Mode al Letterman show

 

Antichità Depeche