Diciannovesimo disco dei Black Sabbath, era dal 1978 che Ozzy non metteva piede nella band, e questo 13 arriva dopo 18 anni di silenzio.
Tutti e tre ottuagenari, ultra sessantenni, nonnetti, in parole povere un disco ospizio, ma non è così.
Ho avuto paura e tanta di trovarmi davanti un altra boiata simile a quella dei Deep Purple “Now What!?” e invece e per fortuna ho scoperto un disco strepitoso.
13 è la perfetta sintesi degli ultimi 30 anni di musica, e i Sabbath ripartono proprio dalle loro origini per poi arrivare sino ai giorni nostri, il disco non è moderno e non è vecchio, i suoni sono sempre quelli ma sono inclassificabili.
Seppure tra “N.I.B.” e il 13 siano passati una cosa come 43 anni, beh il tempo loro sono riusciti a fermarlo, a manipolarlo e a scomporlo perchè nonostante la band abbia avuto migliaia di emuli, nessuno mai è riuscito a trasmettere in musica quel senso di tensione infernale, angoscia, smarrimento, soprannaturale agonia, terrore castigo e tribolazione che i Sabbath riescono ancora oggi a fare. Questi gli ingredienti che non hanno mai smesso di essere retaggio esclusivo di una band che cambiò il corso della storia della musica, e oggi nonostante sia passato quasi mezzo secolo ancora riesce a sorprendere, segno evidente che la classe e la storia (perlomeno per loro) non si inventa e non si compra.
Sono ballate come “Zeitgeist” che ti sorprendono, o brani come “Damaged Soul” che ti rimettono al mondo perchè quei suoni, quell’energia, quell’armonica non la suona nessuno in quella maniera assurda e irripetibile come Ozzy, perchè i Black Sabbath sono i Black Sabbath, e nessuno ci può fare niente, sono la storia.